L’idea di una “guerra dell’intelligenza artificiale” tra Stati Uniti e Cina, sostenuta dal CEO di Scale AI, Alexandr Wang, non ha trovato terreno fertile tra i partecipanti del Web Summit. Durante il suo intervento, Wang ha sottolineato la necessità per gli Stati Uniti di investire massicciamente nell’AI per mantenere il primato tecnologico e contrastare la crescita della Cina in questo settore. Tuttavia, la sua retorica bellica non ha riscosso ampio consenso tra gli esperti e gli addetti ai lavori presenti all’evento.
Molti relatori hanno espresso perplessità sulla narrativa di una competizione militare per l’intelligenza artificiale, sottolineando invece l’importanza della cooperazione internazionale e dell’uso etico della tecnologia. “Parlare di guerra in un campo che dovrebbe promuovere progresso e innovazione per il bene comune è controproducente”, ha dichiarato un dirigente di una delle principali aziende di AI europee.
L’approccio di Wang riflette una crescente tendenza negli Stati Uniti a considerare l’AI come una questione di sicurezza nazionale, mentre altri attori del settore preferiscono concentrarsi su regolamentazione, trasparenza e sviluppo responsabile. La discussione al Web Summit ha evidenziato un divario tra chi vede l’AI come uno strumento di supremazia geopolitica e chi la considera una risorsa per il progresso condiviso.
L’evento ha dunque confermato una frattura nel dibattito globale sull’AI, con voci sempre più critiche nei confronti di una visione ipercompetitiva della tecnologia, a favore di un approccio più collaborativo e inclusivo.