L’industria tecnologica ha esercitato un’influenza massiccia sulla politica statunitense nell’ultimo anno, segnando cifre da record nelle spese di lobbying a Washington. Secondo un’analisi di Issue One, società di primo piano come Meta, Alphabet, Microsoft, ByteDance, X e Snap hanno investito complessivamente 61,5 milioni di dollari nel 2024, impiegando circa 300 lobbisti, uno ogni due membri del Congresso.
Malgrado una tradizionale preferenza verso i democratici, i giganti della tecnologia hanno mostrato sostegno alla nuova amministrazione Trump sin dall’inizio, donando importi significativi al comitato inaugurale. Personalità di spicco come Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Sundar Pichai sono apparse accanto ai leader politici durante l’insediamento, evidenziando un rapporto privilegiato con il potere.
Meta ha stabilito un primato, investendo 24,4 milioni di dollari, mentre ByteDance ha aumentato la propria spesa a 10,4 milioni. Entrambe hanno coinvolto dozzine di lobbisti per difendere gli interessi aziendali, in particolare su social media, privacy e protezione dei minori online. Alphabet ha superato i 14 milioni di dollari, concentrandosi su tutela dei dati e lotta alla disinformazione.
OpenAI si è fatta notare con 1,8 milioni, segnalando l’ascesa dell’intelligenza artificiale tra le questioni calde di Capitol Hill. NetChoice, associazione che riunisce alcuni colossi, ha ostacolato proposte come il Kids Online Safety Act, contestandone la fattibilità.
Microsoft e X hanno ridotto lievemente la spesa rispetto all’anno precedente, ma l’intero settore resta in crescita. L’obiettivo delle Big Tech pare chiaro: mantenere un canale privilegiato con le istituzioni, influenzando la discussione su temi cruciali e scongiurando interventi legislativi più stringenti.
Con una nuova amministrazione in carica e dibattiti aperti su sicurezza online, privacy e regolamentazione, l’ascesa delle lobby tecnologiche sembra destinata a proseguire, rafforzando ulteriormente il loro già consistente potere a Washington. Alcuni osservatori ritengono che queste strategie possano incidere sulle scelte legislative e sulle dinamiche di governance nei prossimi anni.