Il CEO di Splice, Kakul Srivastava, ha lanciato un forte messaggio all’industria musicale: serve definire confini etici nell’uso dell’intelligenza artificiale. Gli artisti, secondo Srivastava, “meritano di meglio” rispetto a strumenti che automatizzano l’intero processo creativo.
Nel panorama in rapida evoluzione della musica generata dall’intelligenza artificiale, Kakul Srivastava – CEO della piattaforma Splice – solleva una questione centrale: come garantire che l’AI non sostituisca l’essenza del lavoro creativo umano? In una recente intervista, Srivastava ha sottolineato l’urgenza di tracciare linee etiche nette: “Non possiamo accettare strumenti che tolgono all’artista il controllo e la voce”.
Splice, nota piattaforma di campioni musicali usata da milioni di produttori nel mondo, ha recentemente deciso di non integrare soluzioni AI che generano brani completi. “L’obiettivo non è rimpiazzare il creativo, ma potenziarlo”, ha spiegato Srivastava. Una posizione che si discosta da quella di molte altre aziende del settore tech, che puntano su soluzioni sempre più autonome.
Il dibattito è acceso: secondo un rapporto di Goldman Sachs, entro il 2030 l’AI potrebbe generare fino al 50% della musica distribuita online. Ma chi ne detiene i diritti? E quanto resta della mano umana in un processo interamente automatizzato?
Srivastava invita l’industria a una riflessione collettiva: “Dobbiamo costruire strumenti che elevano la creatività umana, non che la sostituiscono”.
Fonti
- Billboard – Intervista a Kakul Srivastava
- Goldman Sachs Report – Music in the Age of AI
