Negli ultimi anni, molti utenti hanno notato un peggioramento della qualità dei servizi online. Dalla crescente presenza di pubblicità invasive alla diffusione di paywall, fino alla riduzione della qualità dei contenuti offerti dalle piattaforme digitali. Questo fenomeno è stato definito dallo scrittore e giornalista Cory Doctorow con un termine provocatorio: “enshittification”.
Il processo descritto da Doctorow segue uno schema ben preciso: inizialmente, una piattaforma offre servizi gratuiti e di alta qualità per attrarre utenti. Una volta raggiunta una massa critica, le aziende iniziano a monetizzare in modo aggressivo, limitando i vantaggi per gli utenti e privilegiando inserzionisti e partner commerciali. Infine, la piattaforma diventa quasi inutilizzabile, incentrata solo sulla massimizzazione dei profitti.
Esempi concreti di questo declino sono ovunque. Google, un tempo il motore di ricerca per eccellenza, è oggi invaso da link sponsorizzati che spesso offuscano i risultati organici. Le app di incontri, un tempo accessibili a tutti, ora impongono costosi abbonamenti per sbloccare funzionalità essenziali. Anche i social network, un tempo liberi e dinamici, oggi privilegiano contenuti a pagamento e algoritmi opachi.
Secondo gli esperti, questa deriva potrebbe aprire la strada a nuove piattaforme in grado di offrire alternative migliori. Il malcontento degli utenti rappresenta un’opportunità per innovatori e startup che vogliono ripensare il web in modo più sostenibile e user-friendly.
Il futuro di Internet è incerto, ma una cosa è chiara: gli utenti stanno perdendo fiducia nelle grandi piattaforme e il bisogno di un cambiamento è sempre più evidente.