Il vino italiano ha bisogno di innovazione

Le soluzioni offerte dall’Intelligenza Artificiale, anche quelle di tipo predittivo, sono già in campo

Il vino italiano ha bisogno di innovazione

A destra, accanto a Costantina Vocino, Vincenzo Betalli. Da sinistra Giovani Pica e Marco Felini

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Vincenzo Betalli, tecnico di CIVIT, Segretario di Piwi Trentino e supporto alla segreteria di Piwi Italia, ne parla nell’intervista rilasciata a Diana Daneluz – 18 giugno 2024

Il 5 giugno scorso come Ai Open Mind abbiamo avuto la fortuna di ascoltare l’intervento di Vincenzo BETALLI nel corso della terza conferenza sulla sostenibilità vitivinicola organizzata da Vino Sapiens, dal titolo La sostenibilità vitivinicola: dalle radici al caliceCon lui, nella conversazione moderata da Costantina Vocino co-founder di VINO SAPIENS, c’era anche Giovanni Pica di ARSIAL LAZIO.  Al centro dell’incontro, in quel caso, i vitigni resistenti e tra questi due che stanno riscontrando un grande interesse da parte dei viticoltori del nord Italia: il Bronner e il Souvignier Gris. La serata vedeva anche la degustazione di due micro-vinificazioni prodotte dalla Fondazione Edmund Mach, a cui sono seguiti gli assaggi di sei vini in commercio ottenuti da queste varietà.

Nell’occasione, Betalli aveva riferito sullo stato dell’arte dei cd. Piwi, le prospettive sul futuro e la relazione con le varietà tradizionali. E informava che ora che le quattro varietà di vite resistenti alle principali malattie fungine (peronospora ed oidio) – ‘Termantis’, ‘Nermantis’, ‘Valnosia’ e ‘Charvir’ – provenienti dal programma di miglioramento genetico della Fondazione Edmund Mach e iscritte nel Registro nazionale delle varietà di vite nel 2020, hanno finalmente ottenuto il certificato di privativa vegetale comunitaria dal CPVO, il Consorzio Innovazione Vite (CIVIT) si conferma protagonista nella ricerca e sviluppo di nuove varietà di vite resistenti alle malattie fungine. Nato nel 2012 dalla collaborazione tra il Consorzio dei Vivaisti Viticoli Trentini (AVIT) e la Fondazione Edmund Mach, CIVIT, come ha raccontato, ha ottenuto dei risultati molto concreti: 15.000 barbatelle di nuove varietà sviluppate e una posizione di centrale nel panorama italiano ed Europeo. Con l’obiettivo principale – spiegava – di ridurre l’impatto ambientale della viticoltura attraverso la selezione di vitigni naturalmente resistenti alle malattie fungine. Questo si traduce in un minor numero di trattamenti con fitofarmaci, a beneficio dell’ecosistema e della salute dei consumatori.

AI OPEN MIND, hub nato per riflettere, con un approccio interdisciplinare e aperto, sull’Intelligenza – Umana e Artificiale –, tra studi, esperienze e innovazione, ha voluto intervistare Vincenzo BETALLI in qualità di esperto sul possibile impiego dell’Intelligenza Artificiale nella ricerca sul vino e in special modo in quella che Civit sta portando avanti.

L’Intelligenza artificiale può essere utilizzata per monitorare e ottimizzare le condizioni del suolo e del clima per migliorare la resa e la qualità dell’uva? Se sì con quali risultati in termini di affidabilità e ottimizzazione del lavoro? 

Sicuramente stanno nascendo molti approcci innovativi che, sulla base di una grande raccolta di dati e grazie alla realizzazione di modelli predittivi, supportano la gestione irrigua del vigneto e il monitoraggio delle malattie della vite. Per poter sfruttare in modo puntuale questi modelli c’è la necessità di un punto di vista multidisciplinare, in cui le competenze agronomiche, matematiche e informatiche si possano intrecciare. Per esempio, dal punto di vista agronomico, CIVIT, con il supporto scientifico del dott. Faralli (UNITN) e del dott. Bianchedi (Fondazione Mach), sta valutando la tolleranza alla siccità di alcune varietà di portinnesto d’origine ungherese (Georgikon 28). Se questo elemento venisse integrato da accurati modelli predittivi climatici e pedologici, si andrebbe di certo verso una maggiore efficienza dell’uso dell’acqua e di conseguenza verso una maggiore sostenibilità ambientale ed economica.

Quali sono, se ci sono, le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale nella rilevazione precoce di malattie e parassiti nei vigneti e come queste tecnologie possono contribuire a ridurre l’uso di pesticidi e migliorare la sostenibilità agricola? 

Noi di CIVIT, come detto durante la serata del 5 giugno organizzata da Vino Sapiens, ci stiamo focalizzando soprattutto sulle soluzioni che provengono dal Miglioramento genetico della vite: trovare nuove varietà resistenti alle principali malattie fungine, sia tramite l’incrocio naturale classico (impollinazione), sia con le nuove Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA/Genome Editing) che necessitano di un numero drasticamente minore (riduzione di circa l’80%) di trattamenti fitosanitari. 

Oltre agli strumenti ‘vegetali’ (ovvero i nuovi vitigni resistenti), ci sono diversi strumenti digitali che ci aiutano per le misurazioni e il monitoraggio in vigneto, come ad esempio: sensori, satelliti, robot e droni. In Fondazione Mach, per esempio, stanno perfezionando con sensori ‘Machine Vision’ un sistema di rilevamento dello Scafoideo, insetto vettore della Flavescenza Dorata, un autentico flagello in molte zone viticole italiane. 

Oppure alcuni Centri di Ricerca stanno lavorando a un robot, che sfruttando l’AI, riconosce le malerbe e le elimina senza dover utilizzare input chimici.

È possibile impiegare l’Intelligenza Artificiale nel processo di controllo della qualità del vino, in tutto il suo iter, dalla raccolta dei dati durante la fermentazione alla previsione delle caratteristiche sensoriali del prodotto finale? 

CIVIT non è particolarmente specializzato in questo segmento della filiera, ma sicuramente l’AI offrirà soluzioni interessanti sia in cantina sia nella vendita dei vini.  Ho letto che l’Intelligenza Artificiale, grazie alla simulazione di tutte le combinazioni possibili, sulla scorta della storicità dei dati raccolti, può predire l’orientamento dei gusti di uno specifico mercato. Un grande vantaggio sia in termini economici sia di tempo, considerando che si potrebbe fare a meno di numerose prove di laboratorio e d’assaggio dei vini.

In Civit state portando avanti anche dei percorsi di formazione per i vostri addetti lungo queste direttrici? 

CIVIT cerca sempre di aggiornare i propri soci vivaisti in merito all’innovazione viticola. Inoltre, organizza eventi di divulgazione e di degustazione, rivolti a tutti gli operatori del settore. L’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale corre ad una velocità impressionante. È bene sottolineare però che il numero enorme di dati che possono essere raccolti in campo agricolo hanno senso se compresi e impiegati in modo appropriato da tecnici competenti.

Il cambiamento climatico desta grande preoccupazione anche per la viticoltura. La scienza ha e avrà sempre di più un grande peso ed una grande responsabilità. Dall’interno di questo impegno, è ottimista sul futuro del vino italiano? 

In qualità di tecnico del Consorzio Innovazione Vite, non posso astenermi dall’affermare che il vino italiano abbia bisogno d’innovazione. Non intendo che l’innovazione debba sostituire la tradizione, ma che il sistema vitivinicolo diventi più flessibile. Il sistema attuale delle DOC a mio parere è anacronistico! Il numero di DOC è eccessivo e rende difficile la comunicazione di molti vini in un mondo ormai globalizzato. Alcune DOC sono espressione varietale, anziché territoriale, ma con i cambiamenti climatici in atto alcuni territori storicamente vocati alla viticoltura hanno bisogno di rinnovamento varietale (es. in Bordeux stanno cambiando molti vitigni, in Franciacorta per problemi di scarsa acidità hanno introdotto l’Erbamat). Un’opportunità potrebbe essere anche l’inserimento nelle DOC dei vitigni Piwi (nell’AOC Champagne, è stato introdotto di recente il Voltis).  Bisogna puntare sempre più alla qualità, visto che la viticoltura si sta diffondendo in molti altri paesi dell’Ue (es. Est Europa) e di conseguenza si rischia di avere maggiore concorrenza a costi di produzione inferiori. Infine, sarà da capire quali saranno i gusti delle nuove generazioni. In questo momento le parole d’ordine sembrano: poco alcool, poco impatto ambientale e poco colore! Vedremo quale sarà il vino del futuro, ma sicuramente il genio italiano troverà la strada giusta.

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Vincenzo Betalli 
Segretario di Piwi Trentino e supporto alla segreteria di Piwi Italia. Laureato in Scienze Agrarie e Alimentari presso l’Università degli Studi di Milano e tecnico CIVIT. Il Consorzio Innovazione Vite – CIVIT è stato costituito nel 2012 dopo un percorso di confronto e condivisione di idee e obiettivi tra il consorzio dei Vivaisti Viticoli Trentini (AVIT) e la Fondazione Edmund Mach. In questi ultimi anni i vivaisti stanno raccogliendo i segnali dei produttori vitivinicoli che impongono nuove strategie. In particolare, si chiede innovazione per quanto riguarda la resistenza alle principali patologie crittogame, peronospora e oidio e che quindi abbiano minori esigenze di interventi fitosanitari.

Diana Daneluz 
Giornalista pubblicista, iscritta all’Ordine dei Giornalisti – Roma N. 182410
Socia professionista FERPI N. 2760
Membro di Ai Open Mind 

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