L’Open Source Initiative (OSI) ha pubblicato una nuova definizione di intelligenza artificiale “open”, scatenando un dibattito intenso con i giganti della tecnologia, come Meta. Tradizionalmente, OSI ha stabilito gli standard per il software open source, ma con l’avvento dell’AI, le dinamiche sono cambiate. Secondo la nuova definizione, affinché un sistema AI possa essere considerato veramente open source, deve fornire accesso ai dettagli sui dati di addestramento, al codice completo utilizzato e alle impostazioni e pesi del modello.
Questa definizione contrasta con il modello Llama di Meta, che pur essendo disponibile al pubblico, ha restrizioni sull’uso commerciale e non divulga i dati di addestramento, non soddisfacendo così gli standard di OSI. Un portavoce di Meta ha dichiarato che, pur concordando su molte questioni con OSI, l’azienda non condivide questa definizione, sostenendo che non esiste un’unica definizione di AI open source.
La questione solleva interrogativi sul futuro della trasparenza e della responsabilità nel settore dell’AI. Mentre Meta giustifica la limitazione dei dati di addestramento per motivi di sicurezza, i critici vedono nel tentativo una strategia per ridurre la responsabilità legale e mantenere il vantaggio competitivo.
Stefano Maffulli, direttore esecutivo di OSI, ha affermato che ci sono voluti due anni di consultazioni per affinare questa definizione, collaborando con esperti di machine learning, filosofia e creatività. Secondo Maffulli, la storia sembra ripetersi: Meta sta adottando le stesse argomentazioni di Microsoft negli anni ’90, quando l’open source era visto come una minaccia al modello di business tradizionale.