La Cina guida la corsa globale al 6G, con standard già definiti, mentre l’Europa e gli USA restano cauti. Le implicazioni sono tecnologiche e geopolitiche.
La sesta generazione delle reti mobili, nota come 6G, promette di rivoluzionare la connettività globale. Più veloce, più affidabile e con una latenza quasi nulla, il 6G abiliterà tecnologie avanzate come comunicazioni olografiche, gemelli digitali, auto autonome e sistemi sanitari remoti. Ma chi guida davvero questa rivoluzione?
La Cina si è mossa con decisione. Nel 2024 ha contribuito alla definizione di tre standard chiave approvati dall’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) e ha inserito il 6G nei piani strategici per il 2025. Secondo il rapporto Scientia Sinica Informationis, il rallentamento del 5G in Europa e negli USA ha frenato lo slancio verso il 6G. Al contrario, Cina, Giappone e Corea del Sud avanzano con ottimismo e velocità.
L’ITU mira a definire gli standard globali entro il 2030, collaborando con enti come il 3GPP. Ericsson prevede che i primi test pre-commerciali possano iniziare nel 2028. Ma con l’anticipo accumulato, la Cina rischia di influenzare pesantemente regole e infrastrutture globali.
Il dibattito non è solo tecnico. Si tratta anche di etica, sicurezza e leadership geopolitica. La sfida sarà creare un ecosistema tecnologico globale condiviso e sicuro, evitando che l’innovazione diventi strumento di controllo o disuguaglianza.
Fonti:
- ITU (https://www.itu.int)
- Scientia Sinica Informationis (via Global Times: https://www.globaltimes.cn)
- Ericsson: https://www.ericsson.com
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